sociologia: le radici filosofiche

 Naturalismo e contrattualismo

La sociologia ha radici nel pensiero filosofico, e la sua specificità si sviluppa nel contesto storico e culturale. La sociologia affonda le sue origini nel Seicento, quando emerse il problema della compatibilità tra gli individui e le norme sociali. La teoria del contratto sociale, sviluppata nel Seicento, suggerisce l'esistenza di un tacito accordo tra gli individui per stabilire regole di convivenza. Contrariamente alla concezione naturalistica di Aristotele, i "contrattualisti" sostenevano che gli uomini originariamente vivevano in uno "stato di natura" libero ma caotico, spinti a formare la società per superare le difficoltà della vita individuale. La teoria sosteneva che l'uomo non fosse intrinsecamente sociale, ma avesse adottato la convivenza come soluzione ai problemi dello stato di natura.


Montesquieu e lo "spirito delle leggi"

Durante l'Illuminismo, si comprende che lo stato di natura e il contratto sociale sono concetti astratti, modelli teorici per descrivere il fondamento della convivenza sociale. Montesquieu, in particolare, critica la teoria del contratto sociale sottolineando la mancanza di attenzione all'evoluzione storica delle culture. Nel suo lavoro principale, "Lo spirito delle leggi" (1748), Montesquieu offre un primo tentativo di analisi empirica dei fatti sociali, evidenziando come le società siano influenzate da vari fattori come il clima, il territorio e le attività svolte dai membri. Contrariamente a leggi assolute, le norme sociali dipendono dalle condizioni interne ed esterne che accompagnano la storia della civiltà, variano tra culture e devono essere considerate in relazione alla situazione storica e ambientale.


Jean-jacques Rousseau


Nello stesso periodo un altro illuminista francese, Jean-Jacques Rousseau, sfida la teoria del contratto sociale, sostenendo che la storia umana nella società è segnata da disuguaglianze e ingiustizie, in contrasto con lo stato di natura dove regnava l'uguaglianza. Per Rousseau, le inimicizie e le guerre non sono innate, ma sono il risultato delle disuguaglianze introdotte dalla società. Pur riconoscendo che il ritorno allo stato di natura è impossibile, Rousseau affida alla società il compito di eliminare i mali da essa generati, come la disuguaglianza e l'oppressione. La sfida è individuare criteri per una convivenza più equilibrata e giusta, cercando norme capaci di prevenire la corruzione della società presente e costruirne una migliore per il futuro.

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